28 luglio 2015

Tigellio GargiuloCari Colleghi,
alle ore 6.00 di questa mattina è venuto a mancare il nostro caro amico e collega Tigellio Gargiulo che tutti ricorderemo sempre con affetto e stima.

Il Direttivo SEGi

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La chirurgia endoscopica italiana partecipa con affetto e commozione al dolore per la scomparsa dell’amico Tige, appassionato pioniere che con la purezza intellettuale che ha sempre contraddistinto il suo percorso professionale, ha rappresentato per noi tutti un punto di riferimento oltre che un prezioso esempio per le nuove generazioni.
Mario Malzoni

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Sicuramente tutti ricorderemo con tenerezza  l’entusiasmo quasi fanciullesco di ” TIGE” di fronte ad ogni novità in campo endoscopico e la sua infinita passione per la laparoscopia della quale è stato un grande Maestro.
Claudio Crescini

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Cari colleghi,
E’ morto un grande.
Questo scritto è un ultimo saluto ad un uomo ed un medico eccezionale, geniale ed estroso, un grande pioniere della nostra SEGI.

Tigellio Gargiulo non è più con noi ma è salpato per un ultimo viaggio verso una nuova scoperta, partendo proprio da lì, l’Ospedale Maria Vittoria di Torino, laddove ne è il Primario Emerito di Ginecologia e Ostetricia ed io ho avuto la ventura di incontrarlo, proprio grazie ad uno dei suoi corsi, sì, i T.I.G.E. (Training Intensive Gyneacologic Endoscopy), dove molti hanno inserito per la prima volta il verres.

Piano piano ho scoperto il suo passato iniziando a sapere dove era stato primario partendo dall’ospedale di Lanusei, Ceva, e dove aveva avuto gli insegnamenti nelle università di Pisa, Cagliari e Pavia. 
Ma ancora di più rimanevo affascinato quando raccontava delle esperienze vissute iniziando da specializzando in chirurgia generale (dopo acquisita nell’Istituto di Patologia Speciale Chirurgica ed il Centro di Chirurgia Toracopolmonare, prof. L. Biancalana) negli ospedali italiani di El Kerak e Amman in Giordania assistito dalle suore italiane dell’ordine Comboniano le quali spesso lo aiutavano, a mo’ di leggio, per sfogliare i libri di tecnica chirurgica durante i primi interventi. E durante questo periodo che ha preso la nostra specialità e subito dopo fu assunto a Torino nell’Ospedale Mauriziano per poi andare in Sardegna.

Ma è dopo 1979 durante il primariato di Ceva che iniziò a praticare la chirurgia mininvasiva partendo dalla microchirurgia nelle reanastomosi tubariche, tecnica appresa dallo svedese Kurt Swolin, per poi passare all’endoscopia ed espanderla nelle indicazioni a Torino. Ed è da Ceva che spesso partiva con Luca Minelli per andare in giro per l’Europa, come, per esempio, a Lione da Daniel a confrontarsi sulle apparecchiature e quant’altro spinti da un’energia ed da un comune entusiasmo verso questa nuova via. Ed io ne ho tratto solo giovamento dall’incontro con l’uomo, con più pregi, e con il mastro che mi ha voluto come un apprendista in un nuovo mestiere della chirurgia ginecologica, quando proprio l’endoscopia iniziava a fare il salto di qualità, da semplice tecnica diagnostica a tecnica più complessa. Era un momento di fervore dove i pochi pionieri della materia sperimentavano ferri, apparecchi e adattavano i tempi chirurgici in solitaria, ma nello stesso tempo si cercavano per confrontarsi in mete quasi obbligate. A sì, ricordo una cena ad un AAGL a Las Vegas, Tige con Walter, Alfonso, Luca, Claudio, Bruno ed Ornella che con entusiasmo discutevano sul dolore pelvico cronico e su come stava andando il lavoro di accreditamento dei soci SEGI, imbastito in maniera scrupolosa e precisa dal Walter: ed io, lì, ad assorbire l’entusiasmo di questi Persone che hanno creato la nostra Società ed hanno formato tanti di noi, con uno spirito ed una unità della quale dobbiamo riappropiarcene, coalescendo le energie ora divise.

E lui il Tige con il suo sorriso, la dolcezza del suo sguardo e dei modi nell’ interloquire, a gustarsi la disputa ma nel contempo a trarre energie e spunti per altro.

E nell’altro ci sono la messa a punto delle sue due tecniche originali, o meglio, la “Three stitch technique nella retroversione uterina” e la “Legatura alta bilaterale delle vene ovariche nel varicocele pelvico”.

E nell’altro ci sono i primi congressi di chirurgia in diretta in ginecologica in Italia, a Torino, dove tutti i suoi amici di ventura, perché così sono i pionieri, sono convenuti a dar lustro all’evento, quali Victor, Daniel, Arnaud, Denis e Luca, aiutato da me e dal suo amico anestesista Giacomo, che lo ha seguito sempre fino a martedì scorso. Perché era affettuoso con gli amici, gentile con chi sbaglia, severo con chi persevera nell’errore, uomo che si mostrava se stesso sia con i potenti sia con gli umili. Si dice: “I maestri sono rari. E ogni volta che ne muore uno, il vuoto è grande e la tristezza infinita. Come la gratitudine e la speranza.” Mi ritengo davvero molto fortunato.

Nell’Anabasi, Senofonte traccia il ritratto di Clearco: uno stratega, un soldato che dai molti si distingueva non per doti straordinarie, ma per la concomitante presenza, in lui di capacità che possono essere comuni, ma che abitualmente e contemporaneamente raramente sono presenti nei mortali. Dice Senofonte che Clearco amava la guerra più di ogni altra cosa. Era ardito, ma prudente, non temerario. Prevedeva e provvedeva a tutto ciò che si può verificare in guerra. Accorreva sempre là dove, nella battaglia, necessitasse la sua presenza: per infondere coraggio, per aiutare nelle difficoltà, per sostenere e confortare. La passione che lo animava era indirizzata su ciò che si era proposto di fare. Per compiere un’impresa non esistevano né giorno né notte, ma ogni momento utile era da lui colto per poter giungere al risultato finale.

Non la figura mitica di un eroe. Ma il ritratto di un uomo reale, le cui qualità umane sono così bene e tra loro armonicamente rappresentate da costituire la sintesi di quello che oggi si vorrebbe da un uomo per conseguire un risultato sia come soldato, sia nell’esercizio di qualsivoglia altra professione come quella complicata del medico. Questa reminiscenza del Clearco calza a misura sul Tige nel mio scritto.

La sua figura di medico emerge per la passione avuta per la propria disciplina, che ha amato al punto da trarne soddisfazione, quasi un vero divertissement, sancito dalle donne che consegnavano la loro gioia nel mantenere la propria integrità corporea, e di trasmetterla me come tale.

Lo vedo ancora operare con tutta l’attenzione, staccato dall’ambiente circostante, concentrato sui monitor, occhi fissi, mascherina sul viso cadente da un lato, e tocco armonico sui manici dei ferri che si traduceva sulle punte dei ferri in movimenti fini ed armonici, una danza, e poi divertito dal felice risultato della propria azione. Sempre concentrato per il bene della operata, di rado diventava assillante per averne notizie e, quando presente, tornava per controllarne le effettive condizioni. Era interessato alle cose nuove, gli piaceva sperimentare, essere all’avanguardia. Ma nel contempo era prudente, timoroso di quegli imprevisti che sempre si celano nella soggettività imprevedibile di ogni paziente e che avrebbe voluto comunque prevedere.

Devo riportare uno scambio epistolare con il Walter Costantini, voce di tanti di noi:
“Ci siamo visti privare di un uomo buono e profondo, capace di stare accanto e muoversi lontano, senza far mai pesare né l’una né l’altra cosa, con la semplicità di chi ascolta e la forza di chi fa. Intendo però fare le condoglianze anche a tutti noi che lo abbiamo conosciuto o solo intravvisto nei corridoi dei nostri impegni.
 Lui, quei corridoi, li ha percorsi tutti, camminando accanto o davanti a noi, con coraggio, sapere ed umiltà, ma, soprattutto, con entusiasmo. Quel sentimento che lo ha reso grande ed indimenticabile. E infine, voglio fare le condoglianze anche all’Endoscopia italiana che, con il prof. Tigellio Gargiulo, “Endoscopista Emerito” della nostra Società, ha perso una robusta fetta della sua storia, fatta di piccoli e faticosi passi, ma anche di gloriosi traguardi ai quali la nostra “maglia rosa” Tigellio è sempre arrivato nel gruppo dei primi.

Mi auguro che queste “dolenti note” servano anche a te, che mi leggi, per proseguire sulla strada di chi ci ha ora lasciato.”

Oggi l’Endoscopia Italiana ha perso un pezzo della sua storia difficilmente imitabile.

“Padre dalla barba bianca” come ti ricordano in Giordania, adesso sei puro come la luce bianca che ti ha illuminato nel lavoro, della quale sei avvolto con tutti i suoi colori dell’arcobaleno: un saluto, mastro, a te, Tige, il mio abbraccio ed un pezzo del mio cuore.

Livio Leo
Aosta, 31 Luglio, 2015